Il 22 settembre il l’Unione Sindacale di Base (USB) ha indetto uno sciopero generale in tutto il paese in sostegno al popolo palestinese e alla Global Sumud Flottilla, partita dai porti europei per rompere l’assedio sionista a Gaza e presa di mira già due volte dai droni Israeliani.
Il discorso del lavoratore portuale di Genova che ha fatto il giro dei social nelle ultime settimane è stato chiaro: se succede qualcosa alla flottilla, noi blocchiamo tutto. A seguire l’appello dei portuali sono state in maniera trasversale tutte quante le categorie di lavoratori, che dopo due anni di atrocità commesse sotto la luce dei riflettori social, lunedì 22 scenderanno in piazza uniti contro il genocidio e soprattutto contro l’aberrante complicità del nostro governo. Anche gli studenti scenderanno in piazza con i lavoratori, creando un’atmosfera di generale dissenso che mai dovrebbe mancare in un paese democratico e politicamente vivace.
Questo accumularsi di male così platealmente cruento parrebbe aver trasformato la coscienza sopita di un’intera società, che ora sembra eccitata da un’energia che spinge dal basso verso l’alto.
Certo, potremmo ragionare - come del resto già qualcuno ha fatto – sul fatto che sia stata necessaria una minaccia verso i nostri europei per riuscire effettivamente a pensare a qualcosa di concreto da realizzare come società civile, e potremmo analizzare la natura coloniale del nostro ordine di priorità, ma la realtà è che in questo momento dobbiamo lasciarci alle spalle ogni tipo di intellettualismo di sinistra puntacazzista e raccogliere tutto ciò che può essere utile a smuovere qualcosa. Una cosa è certa: dal 7 ottobre ad oggi la coscienza generale della società civile rispetto alla questione palestinese è mutata. Se prima governanti e istituzioni potevano tranquillamente continuare a criminalizzare i palestinesi, giustificare i massacri deliberati delle Forze di Occupazione Israeliane e tacciare come antisemita chiunque si opponesse alla collusione economico-istituzionale europea con lo stato terrorista di Israele, ora persino Meloni e Tajani sono costretti a fare qualche passo indietro, dovendo ammettere – in modo assai goffo e soffocato – l’inaccettabilità delle azioni di Israele; le massiccie proteste e occupazioni degli studenti universitari hanno fatto inoltre sospendere ai propri atenei gli accordi con le università israeliani, per ultima la Statale di Milano che già aveva interrotto alcuni accordi, pochi giorni fa ha condannato apertamente il genocidio in corso. Carrefour, catena di supermercati collusa con l’entità criminale sionista ha annunciato la chiusura in italia a seguito dell’intensa campagna di boicottaggio lanciata dal movimento BDS (Boycott, Disinvestment, Sanctions), e così le multinazionali Starbucks e McDonald hanno perso svariati milardi di dollari grazie alla stessa campagna di boicottaggio
Insomma la società civile, grazie alla disarmante odierna rapidità di circolazione delle informazioni, sta dicendo basta alla criminale complicità del potere costituito con il genocidio: ma non è ancora abbastanza. Il 22 settembre si blocca tutto sul serio, perché è così che la collettività esprime al massimo la sua forza: sottraendo al potere il suo più importante mezzo di sostentamento e legittimazione, sé stessa.
Gli equilibri politici di tutto il mondo sembrano instabili. In questo mese lo abbiamo visto in Indonesia, in Francia e in Nepal, dove i giovani hanno persino destituito l’attuale governo, con conflittuali azioni collettive il cui coronamento è stato il parlamento in fiamme. È ora che ci si renda tutti conto di cosa insieme possiamo fare noi comuni mortali.