RECENSIONE SQUAD GAME 3: NOI NON SIAMO CAVALLI, SIAMO ESSERI UMANI. GLI ESSERI UMANI SONO...
Quando è uscita la terza stagione di Squid Game, molti spettatori si sono chiesti se davvero ci fosse ancora qualcosa da dire dopo l’impatto culturale della prima e il consolidamento della seconda. La risposta è sì, ma non nel modo che ci aspettavamo.
La serie, che parte ancora una volta dalla lotteria mortale in cui la sopravvivenza si scambia con il denaro, abbandona progressivamente la logica del “gioco” per affrontare un tema più universale: la riduzione dell’essere umano a strumento, a bestia da soma, a mezzo per il profitto di altri. Il titolo di questa recensione non è casuale: la stagione tre mette davanti agli occhi la questione etica fondamentale – cosa significa essere umani in un mondo che ci tratta come numeri o cavalli da corsa?
Una narrazione che cambia ritmo
Se nelle prime stagioni la tensione era costruita sul meccanismo dei giochi e sulla brutalità delle regole, qui assistiamo a un ribaltamento: la vera sfida non è più superare prove disumane, ma riconoscere e difendere l’umanità negli altri. I personaggi, spesso traumatizzati e ridotti all’istinto, sono costretti a fare scelte che non hanno a che fare con la vittoria, ma con la dignità.
Temi e simboli
Il cavallo come metafora: la serie richiama esplicitamente immagini di corse, scommesse, addestramento, per evidenziare quanto i partecipanti siano trattati come animali da spettacolo.
Il pubblico invisibile: lo sguardo degli “spettatori ricchi” diventa ancora più opprimente. Non vediamo quasi mai i loro volti, ma la sensazione è che siano ovunque, a sottolineare il voyeurismo della società moderna.
Il prezzo dell’empatia: aiutare qualcuno significa esporsi, e la stagione gioca proprio su questo contrasto tra individualismo e solidarietà.
Pregi e difetti
Pregi:
La regia osa di più: rallentamenti, inquadrature allegoriche, una fotografia meno patinata e più cruda.
Alcuni nuovi personaggi non sono solo pedine narrative, ma portatori di riflessioni sociali (debiti, disuguaglianze, alienazione lavorativa).
La colonna sonora si allontana dai toni infantili delle stagioni precedenti per virare verso atmosfere più cupe, quasi da tragedia greca.
Difetti:
Non tutti gli episodi mantengono lo stesso livello: a volte la metafora viene spiegata troppo, perdendo parte della forza visiva.
Alcuni spettatori potrebbero sentire la mancanza della componente ludica: i giochi, qui, sono meno centrali e più strumentali al messaggio.
Conclusione
La terza stagione di Squid Game è meno spettacolare, ma più coraggiosa. Ci costringe a chiederci se siamo spettatori complici o vittime dello stesso sistema che la serie denuncia. Non siamo cavalli da corsa, non siamo pedine: siamo esseri umani, e il vero gioco è difendere questa verità.
Recensione Operazione Vendetta: Il Genio Invisibile che Muove i Fili del Caos
Dimenticate l’eroe con la pistola in pugno. In Operazione Vendetta, l’arma più letale è il cervello. Charles Heller, interpretato da uno straordinario Rami Malek, è l’incarnazione dell’intelligenza tattica: non colpisce, prevede. Non scappa, dirige. Non urla, ascolta. E quando pensi di averlo incastrato… sei già finito nella sua rete.
Diretto da James Hawes, il film è un thriller raffinato, adrenalinico e psicologicamente spiazzante, che gioca sul sottile confine tra genio e paranoia. Heller ha un QI di 170 e lo usa con chirurgica freddezza per muoversi in un mondo fatto di sorveglianza, bugie e vendetta.
La mente come arma
Qui non troverete sparatorie spettacolari o inseguimenti in stile hollywoodiano. Le armi di Heller sono molto più originali e inquietanti: gas allergenico ricavato dai pollini per soffocare silenziosamente il nemico, una bomba ad aria compressa che fa esplodere una piscina in modo “accidentale”, e soprattutto la capacità di manipolare chiunque lo circondi, facendoti dire ciò che lui vuole sentire e andare esattamente dove lui vuole che tu vada.
Un finale da capogiro
Il finale è letteralmente mozzafiato. Un colpo di scena che cambia il significato di tutto ciò che hai visto, ribalta ruoli, motivazioni e ti costringe a ripensare ogni scena con nuovi occhi. Non è solo un finale: è un atto di genio narrativo.
Per i fan di Mr. Robot (e oltre)
Se ti è piaciuto Mr. Robot, qui troverai pane per i tuoi denti. L’atmosfera paranoica, la componente hacker, la critica al potere e al controllo sono presenti, ma vengono amplificate da una regia più fisica e immersiva. E Rami Malek, con la sua interpretazione magnetica e disturbante, è semplicemente perfetto.
Poi c’è la storia, che cerca disperatamente di imbastire un’epica avventura partendo da un videogioco che, di suo, non ha una vera trama. Il tentativo è maldestro: cliché a non finire, momenti che dovrebbero essere emozionanti ma risultano solo noiosi, e una narrazione che non appassiona mai davvero.
Visivamente il film non si salva: non è abbastanza fedele allo stile unico di Minecraft, ma nemmeno abbastanza originale da costruire una propria identità visiva. È un miscuglio senza anima, che non accontenta né i fan del gioco né chi magari si aspettava qualcosa di esteticamente interessante.
Il Doppiaggio: Un’ulteriore Magia
Se da un lato la performance di Rami Malek è impeccabile nel ruolo di Heller, anche il doppiaggio italiano si distingue per la sua qualità. Flavio Aquilone, che presta la sua voce a Heller, arricchisce ulteriormente il personaggio con una tonalità profonda e misurata, perfetta per un uomo che sembra sempre un passo indietro, ma che in realtà ha il totale controllo di ogni situazione. La sua interpretazione conferisce al personaggio una calma inquietante, che amplifica l’intelligenza e la freddezza di Heller.
Inoltre, è interessante notare che Flavio Aquilone ha già doppiato Rami Malek nel ruolo di Elliot Alderson in Mr. Robot, conferendo una continuità unica tra i due personaggi. La familiarità con la voce di Malek rende il doppiaggio ancora più coinvolgente, creando un legame invisibile ma potente tra i due mondi narrativi, arricchendo così l’esperienza visiva per i fan della serie.
Conclusione
Operazione Vendetta è un thriller moderno, elegante e micidiale. Ti entra sotto pelle senza fare rumore, ti manipola e ti lascia stordito, affascinato e con la voglia di rivederlo subito. James Hawes firma una regia brillante, e Malek ci regala un personaggio destinato a restare impresso.
Voto: 9/10 – Un film da non perdere, per chi ama i thriller che non sottovalutano l’intelligenza dello spettatore.
Recensione senza filtri del film di Minecraft: un disastro annunciato
Il film di Minecraft è arrivato, e purtroppo è proprio come temevamo: una delusione totale.
Non basta l’affetto per il gioco, non basta la curiosità, qui siamo di fronte a un prodotto frettoloso, pasticciato, e sinceramente imbarazzante sotto tanti punti di vista.
Partiamo dal vero incubo: il doppiaggio italiano.
Affidare le voci a Mara Maionchi e Lazza è stata una scelta che definire discutibile è poco. Non è questione di simpatia personale: Mara Maionchi è una grande nel suo campo, Lazza pure nella musica. Ma qui siamo nel mondo del doppiaggio cinematografico, e si sente tutta la mancanza di esperienza.
Il risultato è goffo, legnoso, quasi surreale. Guardando le clip che girano sui social si fatica a credere che siano davvero finite nella versione definitiva del film: battute piatte, tono fuori contesto, e un ritmo totalmente scoordinato rispetto all’azione. È talmente brutto che sembra una parodia, ma purtroppo è la realtà.
Poi c’è la storia, che cerca disperatamente di imbastire un’epica avventura partendo da un videogioco che, di suo, non ha una vera trama. Il tentativo è maldestro: cliché a non finire, momenti che dovrebbero essere emozionanti ma risultano solo noiosi, e una narrazione che non appassiona mai davvero.
Visivamente il film non si salva: non è abbastanza fedele allo stile unico di Minecraft, ma nemmeno abbastanza originale da costruire una propria identità visiva. È un miscuglio senza anima, che non accontenta né i fan del gioco né chi magari si aspettava qualcosa di esteticamente interessante.
Il tutto lascia l’amara sensazione di un film fatto solo per sfruttare il nome potente di Minecraft, senza rispetto per la community e senza amore per il progetto.
In sintesi?
Il film di Minecraft è un gigantesco buco nell’acqua. Doppiaggio disastroso con Mara Maionchi e Lazza fuori ruolo, una trama senza mordente, estetica anonima e zero emozioni.
Se volete davvero godervi Minecraft, aprite il gioco, avviate una bella partita survival e dimenticatevi di questa trasposizione cinematografica.